SAN CERBONE IN ALTO MARE di Emanuele Pellegrini “Il Fatto Quotidiano”, 18 marzo 2011

Cos’è che accomuna la Schola Armaturarum di Pompei alla chiesa di San Cerbone nel Golfo di Baratti? Cosa unisce quella struttura di età romana, situata in uno dei siti archeologici più importanti del mondo, alla piccola chiesetta edificata tra XVI e XVII secolo nel sud della Toscana? Non la vicinanza al mare, non l’appartenenza al patrimonio culturale italiano, bensì i problemi di statica. Anzi, a voler essere più chiari, i crolli. La prima, per la precisione, è già crollata; l’altra invece è in procinto di farlo, perché la piccola chiesa di San Cerbone si tiene fortunosamente ancora in piedi, nonostante i gravissimi problemi strutturali che ne minacciano la conservazione.

Le ampie fratture che fendono in profondità le sue fondamenta e l’acqua del mare che è penetrata sino al suo interno, corrodendo senza sosta le strutture portanti, rendono il crollo dell’edificio imminente. Numerose immagini, disponibili su internet, costituiscono prove molto più eloquenti delle parole. Data l’entità del danno, se non si interverrà subito, la chiesa sarà perduta per sempre.

Eppure il degrado della chiesa di San Cerbone non è una novità. Sono già alcuni mesi infatti che le attivissime associazioni locali (Forum di San Vincenzo, Giù le Mani da Baratti, Comitato per Campiglia) hanno denunciato questa situazione.

Recentemente (il 13 marzo scorso) è stato promosso anche un “sit-in fotografico”, una manifestazione che ha richiamato i cittadini a documentare con fotografie la rovina della chiesa. Ci vuole pertanto un immediato intervento, non tampone, bensì radicale, tale che la metta in sicurezza. Curare la chiesetta di San Cerbone, vero “luogo del cuore” per la popolazione locale e non solo, può diventare così la risposta di un intero territorio, come quello della Val di Cornia, minacciato da scellerate speculazioni che mettono ogni giorno in pericolo le sue inestimabili risorse agricole, culturali e paesaggistiche. E dire che il povero Cerbone, santo titolare della chiesa, era approdato sul litorale toscano fuggendo dal Nord Africa, sua terra d’origine, per scampare alle devastazioni dei Vandali.

Emanuele Pellegrini “Il Fatto Quotidiano”, 18 marzo 2011

 

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