“Le cave danno lavoro a 200 persone” I sindacati criticano il Comitato
Duro attacco dei sindacati contro il Comitato per Campiglia. “ci troviamo di fronte ad un pericoloso fondamentalismo. “Dopo gli attacchi alla cave di Monte Rombolo ora il Comitato punta l’indice anche contro la cava di Monte Valerio – evidenziano Guglielmo Zanchi (Filca-Cisl), Leonida Lancioni (Fencal-Uil) e Loriano Tosi (Flica-Cgil) – mettendo in discussione un’altra realtà occupazionale che garantisce reddito certo ad oltre 200 famiglie e, evidentemente, il fatto che i prodotti di questa attività continueranno ad essere indispensabili per i settori trainanti dell’economia locale garantendo così occupazione e reddito a migliaia di persone, sembra non riguardarlo minimamente”.
“Oggi – continuano – ci troviamo di fronte ad un pericoloso fondamentalismo che, nell’intento di far passare una logica economica basata sulla monocultura ambientale, tenta di mettere in diretta contrapposizione fra di loro le diverse realtà occupazionali. Una visione assolutamente miope ed pericolosa perché anche un’economia incentrata solo sull’ambiente sarebbe insufficiente. Abbiamo maturato la consapevolezza che l’economia locale non possa prescindere dalla coesistenza tra le tante diverse attività esistenti ed in questo ragionamento rientrano a pieno titolo anche le cave ed il parco. Del resto se le attività impattanti vanno chiuse, se nuovi insediamenti industriali non si devono costruire, se le case e le strade non si devono costruire, così come i porti, gli alberghi, gli stabilimenti balneari e se persini l’eolico non si è dovuto costruire ci dicano loro come pensano di assicurare lavoro e reddito al tessuto sociale di questo territorio”.
26.07.2008
La Nazione
“Il Comitato minaccia l’occupazione” Controffensiva di sindacati e lavoratori delle cave di Campiglia
«Dopo gli attacchi alla cava di Monte Calvi ora il Comitato per Campiglia punta l’indice anche contro la cava di Monte Valerio, mettendo in discussione un’altra realtà occupazionale che garantisce reddito certo a oltre 200 famiglie». Così si esprimono Guglielmo Zanchi (Filca Cisl), Leonida Lancioni (Feneal Uil) e Loriano Tosi (Fillea Cgil), in quella che risulta letteralmente una controffensiva dei sindacati al Comitato.
«Evidentemente – dicono – il fatto che i prodotti di queste attività continueranno a essere indispensabili per i settori trainanti dell’economia locale garantendo così occupazione e reddito a migliaia di persone, sembra non riguardarli minimamente. Consapevoli che nessuna economia monoculturale – sostengono Zanchi, Lancioni e Tosi – riuscirebbe a soddisfare il crescente fabbisogno occupazionale, abbiamo sempre creduto e favorito la diversificazione economica del territorio e proprio per questo abbiamo creduto anche nella validità del sistema parchi, un sistema che è nato e ha potuto svilupparsi anche in presenza delle cave e al quale persino le stesse cave hanno contribuito».
Per i sindacati il Comitato rappresenta dunque «un pericoloso fondamentalismo che nell’intento di far passare una logica economica basata sulla monocultura ambientale, tenta di mettere in diretta contrapposizione tra di loro le diverse realtà occupazionali. Una visione assolutamente miope ed estremamente pericolosa».
I sindacati infatti si dicono convinti «che l’economia locale non possa prescindere dalla coesistenza tra le diverse attività esistenti e in questo ragionamento rientrano a pieno titolo anche le cave e il parco. Del resto, se le attività impattanti vanno chiuse, se nuovi insediamenti industriali non si devono costruire, se le case e le strade non si devono costruire, se i porti non si devono costruire, se gli alberghi, gli stabilimenti balneari non si devono costruire e persino l’eolico non si è dovuto costruire ci dicano loro come pensano di assicurare lavoro e al reddito del territorio».
Più o meno stesse parole nel comunicato approvato dall’assemblea dei lavoratori di Calce Dolomia (ex Sider Calce) di Campiglia: «Che l’avversità alle cave derivi più da convenienze o rivalse personali che da convincimenti ambientali – dicono – è ormai sotto gli occhi di tutti, che però questi signori asseriscano anche di agire nell’interesse di noi lavoratori è assolutamente insopportabile».
«Considerato che i principali accusatori – sostengono – sono un ex assessore regionale, un ex presidente del Circondario e un ex presidente della Parchi che all’epoca quando avevano poteri e responsabilità decisionali e/o controllo, avallarono o comunque tacitamente condivisero quelle scelte, non si capisce perché solo oggi si dedichino con tanta innaturale veemenza ad osteggiarle. Occorre rendersi conto che tra le tante attività presente, quelle estrattive sono le attività maggiormente soggette a vincoli e controlli, e che la Val di Cornia non può permettersi di rinunciare né ai circa 400 posti di lavoro delle cave né ai prodotti estratti che inevitabilmente continueranno a essere indispensabili per tutti i settori trainanti dell’economia locale, che lo sviluppo del parco si persegue favorendo investimenti che migliorano la coesistenza con la cava».
31.07.2008
Il Tirreno