Tenuta di Rimigliano, sulle demolizioni i giudici del Tar danno ragione al Comune

Tenuta di Rimigliano, sulle demolizioni i giudici del Tar danno ragione al Comune

Respinto il ricorso della proprietà contro l’ordinanza che individua 3.000 metri quadri di strutture da abbattere.

Neppure i risultati della datazione al radiocarbonio di alcuni campioni di legno presi dagli infissi hanno convinto i giudici amministrativi del Tar della Toscana. A presentarli è la Rimigliano Srl, ma si è vista respingere il ricorso contro l’ordinanza del Comune di San Vincenzo che impone la demolizione di 3.000 metri quadrati di strutture all’interno della Tenuta di Rimigliano.

È l’ultimo atto, salvo ricorso al Consiglio di Stato della Rimigliano Srl, della guerra a colpi di carte bollate per definire il futuro di quei 540 ettari su cui da una ventina d’anni ballano progetti e investimenti. A dir la verità, dagli anni Settanta; ma è dagli anni della Parmalat e della proprietà facente capo ai Tanzi che la Tenuta è al centro della battaglia politica locale, regionale e perfino nazionale.

I campioni di legno, prelevati dagli infissi dei manufatti nel podere Poggettino, avrebbero dovuto contribuire a rafforzare la tesi dell’esistenza delle costruzioni prima del 6 agosto 1967, quando entra in vigore la legge Ponte che estende l’obbligo della licenza edilizia a tutto il territorio comunale. Perciò, un fabbricato costruito prima dell’entrata in vigore della legge fuori del perimento del centro urbano, così come individuato al 1967, risulta ancora regolare. Ed è un passaggio non da poco.

Sulla consistenza dei volumi presenti nella tenuta più volte ci si è accapigliati. Anche in consiglio comunale. A partire dai rilievi aerofotogrammetrici. Ovvero, le cartografie create con le immagini realizzate da appositi apparecchi fotografici posti su aeroplani. Adesso si scopre che quei manufatti prima del 1968 non compaiono. Eppure, in passato si è sostenuto l’esatto contrario. Appellandosi a memorie orali o allo schermo della vegetazione che avrebbe fatto da velo agli obiettivi fotografici durante le ricognizioni aeree sulla tenuta in epoche antecedenti al 1967.

Il legno di quegli infissi è databile in un intervallo tra il 1800 e il 1939. Lo certificano le analisi. Ma per i giudici è un’età che non coincide necessariamente con quella di costruzione degli infissi e tantomeno degli edifici su cui sono montati. Le prime immagini aeree risalgono a maggio 1968. “Lo stato degli immobili e l’assenza di tracce di cantierizzazione non dimostrano univocamente alcunché – si legge nel dispositivo della sentenza numero 510 pubblicata il 24 aprile -, trattandosi di semplici fabbricati a servizio dell’attività rurale (un capannone in bozze, un fabbricato in muratura con struttura metallica e alcune tettoie con struttura parimenti metallica) le cui caratteristiche non impongono affatto di presumere che la loro realizzazione abbia potuto richiedere opere di particolare complessità e impatto territoriale e tempi superiori agli oltre otto mesi intercorsi fra il 1 settembre 1967 e il maggio 1968”.

Per il Tar toscano questo elemento come gli altri presentati dalla Rimigliano Srl forniscono un “quadro indiziario” che “non è idoneo a fondare il convincimento che i manufatti” siano stati edificati “anteriormente al 1 settembre 1967”. Perciò, a meno di un ricorso in secondo grado di giudizio della società, l’ordinanza di demolizione, la numero 32 dell’1 aprile 2019, torna pienamente efficace.

Manolo Morandini – Il Tirreno 28.4.2020

Dopo 20 anni di confronto dimezzate le previsioni

Si deve tornare indietro di vent’anni per capire le volumetrie in gioco nella Tenuta di Rimigliano.
Nel regolamento urbanistico del 2000 era possibile realizzare all’interno di quei 540 ettari 30.500 metri quadrati. Nel 2003 la Parmalat fallisce, e alla successiva asta immobiliare la spunta la cordata facente capo a Maurizio Berrighi, Gioia Marchi Falck, Antonio Pecci, Piero Antinori – ai quali si sono aggiunti recentemente Gaddo della Gherardesca e Ferruccio Ferragamo -, che batte la società Lazzi e si aggiudica la prestigiosa proprietà di circa 540 ettari per 23,5 milioni di euro, accollandosi 7 milioni di debiti Parmalat.

Nel 2012 c’è la prima variante urbanistica: la previsione viene diminuita a 22.600 metri quadrati. Oggi, con la nuova variante il dimensionamento viene ulteriormente sforbiciato a 16.174 metri quadrati: 12.074 mq di recupero dell’esistente e 4.100 metri quadrati di nuova edificazione, il tutto riducendo le previsioni indicate nella variante adottata dal consiglio comunale di San Vincenzo il 7 giugno 2018: in tutto 19.200 mq di cui 11.100 mq di superfici residenziali di ricupero, 7.000 con destinazione turistico ricettiva e 1.100 mq con destinazione agricola.

A novembre 2017 viene sottoscritto il protocollo d’intesa per l’istituzione di un tavolo fra a proprietà della tenuta e Regione Toscana, Provincia di Livorno e Comune di San Vincenzo per conciliare le esigenze della Rimigliano Srl con le politiche di governo del territorio. Lavori a cui ha preso parte anche la Soprintendenza e che hanno portato alla definizione di un progetto di fattibilità da cui è nata la proposta di variante urbanistica presentata a febbraio 2018 che aveva ottenuto il parere favorevole della conferenza di copianificazione, prevista dalla legge regionale 65 del 2014. A giugno 2018 c’è l’adozione della variante.

E a seguire arrivano le osservazioni di Regione e Sovrintendenza sulla verifica dei volumi legittimamente esistenti nella tenuta, allo scopo di adeguare le previsioni prima dell’approvazione definitiva della variante. Il risultato è l’ordinanza del Comune che identifica edifici privi di titolo edilizio o nulla osta paesaggistico che devono essere demoliti. — M.M.

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