Partecipazione o confusione? Risposta alle progettiste dei parchi
Ringraziamo le architette Silvia Ruzziconi e Elena Lo Re per l’articolata risposta alle nostre osservazioni sui progetti redatti per conto dell’amministrazione pubblica di Campiglia Marittima.
Sulle puntuali considerazioni sugli aspetti tecnici e progettuali, soggette a valutazioni opinabili e non oggettive, ci asteniamo dal continuare la polemica, salvo evidenziare che due aspetti tra i più critici e controversi del nostro precedente intervento non sono stati affrontati:
– la recinzione e l’accesso controllato ai parchi, fatto che stravolge il rapporto con quegli spazi ed introduce in una realtà come la nostra un’idea di sicurezza che ci è per fortuna e per adesso estranea.
– la sciagurata previsione delle villette intorno ai laghetti di Tufaia, e l’assenza di qualsiasi considerazione del progetto sui futuri rapporti con quel quartiere
Ma quello che più ci preme è sottolineare la nostra visione dei processi partecipativi, diametralmente opposta a quella proposta dalle due giovani professioniste, e per converso dall’Amministrazione Comunale.
Non è infatti a seguito di un progetti definiti e dettagliati che è opportuno praticare processi partecipativi, ma al contrario è da questi ultimi che deve nascere l’espressione dei bisogni della popolazione, che i progettisti debbono tradurre in risposte a tali esigenze.
Sarebbe come se un architetto al quale viene commissionata una casa, prima ancora di comprendere le aspirazioni ed i sogni dei futuri abitanti, proponesse una propria visione dell’oggetto da realizzare, salvo poi, aggiustando e modificando il “suo” progetto, cercasse di convincere i committenti che stanno pagando qualcosa che loro desiderano…
Non condividiamo assolutamente la logica di tale processo, e non ci pare lo condivida neanche il legislatore, che attraverso la legge regionale toscana n.69/2007 afferma, tra i principali obiettivi della stessa legge:
“contribuire a rinnovare la democrazia e le sue istituzioni integrandola con pratiche, processi e strumenti di democrazia partecipativa;
promuovere la partecipazione come forma ordinaria di amministrazione e di governo della Regione in tutti i settori e a tutti i livelli amministrativi;
rafforzare, attraverso la partecipazione degli abitanti, la capacità di costruzione, definizione ed elaborazione delle politiche pubbliche;”
In Val di Cornia abbiamo visto in questi anni diversi esempi di processi partecipativi, nel quale il Comitato ha spesso svolto un ruolo attivo, ed è facile verificare come progetti nati da un reale processo partecipativo, come ad esempio il progetto di riqualificazione di Piazza Bovio a Piombino, producano risultati condivisi, nei quali la popolazione assume un reale ruolo di protagonista e dai quali consegue un forte senso di appartenenza e di condivisione delle scelte. Come abbiamo visto processi partecipativi, purtroppo la maggioranza degli altri, nei quali la partecipazione è vista più come una scocciatura burocratica da svolgere che una reale volontà politica: i regolamenti urbanistici di Campiglia M.ma e Suvereto e la variante al Regolamento Urbanistico per la Tenuta di Rimigliano, ad esempio, hanno visto realizzarsi assemblee di presentazione, nelle quali le scelte significative e le reali ricadute pratiche venivano ad arte taciute da parte di chi illustrava i progetti.
Altro caso è quello che avrà termine a breve con la presentazione dei risultati del processo partecipativo del Piano Particolareggiato per Baratti. Lì fu una eccezionale mobilitazione popolare ad esigere di poter esprimere la propria opinione su decisioni date per prese e definitive. E in questo meccanismo sta un vizio, un “peccato originale”, nel quale la popolazione non si è purtroppo potuta esprimere liberamente e con mente sgombra sulle proprie idee e visioni sul territorio, ma si è ritrovata a dover limitare la propria azione ad un processo di “riduzione del danno”, andando a criticare ciò che non condivideva del progetto “blindato” che gli era stato sottoposto.
Crediamo che i cittadini abbiano diritto ad una informazione approfondita e seria per valutare i loro stessi sogni e desideri.
Crediamo che i processi partecipativi di molte cose abbiano bisogno, meno che di progetti.
Al contrario essi dovrebbero nascere, grazie alla competenza dei tecnici e alla loro bravura, dalla traduzione in azioni delle volontà, dai ragionamenti e dai bisogni di chi il territorio lo vive, giorno per giorno.
Comitato per Campiglia
«Serve un progetto per discutere e partecipare» Le progettiste dei parchi replicano al Comitato