Nel relitto l‘«aspirina» dei Romani
Le pillole curative della nave affondata duemila anni fa a Baratti
Le prime pillole antiche «omeopatiche» sono state ritrovate nel «relitto del Pozzino». Domenica saranno rese note le ricerche. L’affascinante storia del «relitto del Pozzino» svela così i segreti della medicina antica e di alcuni farmaci particolari ritrovati al largo del Golfo di Baratti e portati alla luce in seguito a innovativi scavi di archeologia subacquea, condotti negli anni ‘80 dalla Soprintendenza Archeologica sotto la direzione scientifica dell’allora ispettore di zona Antonella Romualdi e del Soprintendente Francesco Nicosia.
IL REPERTO deve il suo nome all’insenatura nella quale fu rinvenuto, e faceva parte del prezioso carico di una nave lì affondata intorno al 130 a.C. La nave trasportava anfore provenienti dall’isola di Rodi, coppe in vetro di produzione siro-palestinese, brocche cipriote, lucerne dell’Asia Minore, ceramiche greche e lingotti di piombo, forse provenienti dalle miniere del Campigliese. Il transito di una nave di simili dimensioni, che secondo gli itinerari commerciali del tempo avrebbe dovuto proseguire per Marsiglia, sostando anche a Pisa, testimonia l’importanza che Populonia ancora rivestiva nella seconda metà del II secolo a.C. Tra i rinvenimenti del carico, alcuni oggetti particolari fanno ipotizzare che a bordo doveva esserci anche un medico: una ventosa per salassi, uno specillo (uno strumento metallico lungo e sottile usato per esplorare ferite), un mortaio, una brocchetta dotata di filtro, ben 136 cilindretti di legno di bosso e alcuni contenitori di stagno rinvenuti in mare ancora sigillati, contenenti medicinali sotto forma di «pillole».
IN SEGUITO alle recenti indagini condotte dal professor Alain Touwaide, direttore scientifico dell’Institute for the Preservation of Medical Traditions e storico delle scienze alla Smithsonian Institution (Washington, DC), in sinergia con Gianna Giachi e Pasquino Pallecchi, dell’équipe del Laboratorio di Analisi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, si è riusciti ad identificare i componenti vegetali di queste «pillole»: si tratta di una decina di piante, dalla carota al ravanello al prezzemolo al sedano e al cavolo, assieme all’achillea e all’ibisco. L’apparato del medico a bordo del relitto del Pozzino e l’uso di diverse piante in quelle pillole dimostrano che la farmacologia antica faceva ricorso a misurazioni precise per approntare preparati medici.
I dati emersi dalle ricerche saranno presentati domenica 15 alle 17, in occasione del decennale, al Museo Archeologico del Territorio di Populonia a Piombino, dove sono esposti i preziosi materiali esaminati.
La Nazione 12.5.2011
Medicina antica: farmaci e segreti
Anche le prime pillole della storia – naturalmente omeopatiche – dal bagaglio di un medico del 130 a.C. (“relitto del Pozzino”) si vedranno durante l’incontro organizzato il 15 maggio al museo archeologico del territorio di Populonia, dalle 17.
Appuntamento inaugurale della serie in calendario – da maggio in poi – per celebrare il decennale del museo. Nel caso la storia del “relitto del Pozzino” svela i segreti della medicina antica e di alcuni farmaci particolari ritrovati al largo del Golfo di Baratti e portati alla luce grazie a innovativi scavi di archeologia subacquea, condotti negli anni Ottanta dalla Soprintendenza archeologica sotto la direzione scientifica dell’allora ispettore di zona Antonella Romualdi e del soprintendente Francesco Nicosia. Tra i rinvenimenti del carico, alcuni oggetti particolari fanno ipotizzare che a bordo doveva esserci anche un medico: una ventosa per salassi, uno specillo (uno strumento metallico lungo e sottile usato per esplorare ferite), un mortaio, una brocchetta dotata di filtro, ben 136 cilindretti di legno di bosso e alcuni contenitori di stagno rinvenuti in mare ancora sigillati, contenenti medicinali sotto forma di “pillole”.
In seguito alle indagini condotte da Alain Touwaide, direttore scientifico dell’Institute for the preservation of medical traditions e storico delle scienze presso la Smithsonian Institution (Washington, DC), in sinergia con Gianna Giachi e Pasquino Pallecchi, dell’équipe del laboratorio di analisi della Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, si è riusciti ad identificare i componenti vegetali di queste “pillole”: si tratta di una decina di piante, dalla carota al ravanello al prezzemolo al sedano e al cavolo, assieme all’achillea e all’ibisco. Decisivo l’apporto del genetista Robert Fleischer (Center for conservation and evolutionary genetics, Smithsonian Institution), che ha applicato una nuova tecnica di identificazione del Dna, messo poi a confronto con le sequenze già presenti negli archivi genetici dei National institutes of health (Usa). I dati emersi dalle ricerche, presentati sabato 14 maggio a Roma, al museo di storia della medicina dell’Università La Sapienza saranno riproposti, la domenica seguente, al museo archeologico del territorio di Populonia, dove sono esposti i preziosi materiali esaminati.
Il Tirreno 12.5.2011