La “questione Piombino”: da area di crisi a laboratorio di rinascita. Scrive Rossano Pazzagli

La “questione Piombino”: da area di crisi a laboratorio di rinascita. Scrive Rossano Pazzagli

Serve una forte mobilitazione e uno scatto d’orgoglio, una fiducia nel cambiamento possibile, un vento nuovo che spazzi via la classe politica

Piombino è da anni una città in declino, eppure la città e il territorio avrebbero notevoli possibilità di rinascita, con un patrimonio territoriale da riscoprire e mettere in valore. La crisi è strutturale e quindi non sarà possibile uscirne riproponendo gli stessi modelli che l’hanno generata. Né potremo uscirne con la stessa classe dirigente che l’ha guidata in questa deriva.

Negli ultimi vent’anni, di fronte a una profonda e per molti versi irreversibile crisi industriale, invece di valorizzare le risorse del territorio, le politiche locali e regionali hanno teso a distruggerle o perlomeno a offuscarle, o a ridurle in modo significativo. Siamo di fronte a una grave patologia, una schizofrenia politica che da un lato predica diversificazione, turismo, parchi, sviluppo sostenibile, dall’altro si concentra su rifiuti, impianti energetici, cave, capannoni… cioè su attività speculative che servono agli affari di pochi, ma mettono in pericolo le risorse e le vocazioni del territorio, che dovrebbe essere un bene comune, di tutti. Le istituzioni democratiche hanno il dovere di sposare i bisogni dei molti, non di favorire gli affari dei pochi.

Rimateria, il progetto di ampliamento della discarica e di costruzione di altri impianti per rifiuti speciali e pericolosi, sono la punta dell’iceberg, l’emergenza più grave di un grappolo di progetti che stanno danneggiando l’immagine e le possibilità di rinascita della Val di Cornia. Non è, dunque, solo un problema della città, ma una questione di tutta l’area, dall’Arcipelago alle Colline Metallifere, da Cecina a Punta Ala. Energia e rifiuti, due grandi problemi del nostro tempo, qui sono diventati business, speculazione, arroganza del potere, sordità alle preoccupate istanze dei cittadini. Si pensi soltanto agli effetti sul paesaggio, sul suolo, sulla costa, sul turismo, sull’agricoltura (tutte risorse e ambiti occupazionali) dell’impianto fotovoltaico sui terreni agricoli in località Bocca di Cornia, alle pale eoliche alte 180 metri lungo la spiaggia del Quagliodromo.

Impianti industriali che scaturiscono da un insieme di scelte sbagliate: dal raddoppio della discarica Rimateria all’impianto Wecologist e alle altre iniziative per rifiuti speciali e pericolosi, la contaminazione delle acque di falda e l’idea degli acciai al piombo; da ultimo, spuntato all’improvviso già in periodo elettorale, uno dei tanti protocolli d’intesa tra Regione, Comune e un gruppo privato per un enorme parcheggio finalizzato al traffico internazionale di automobili. Un quadro devastante, guidato sostanzialmente dall’approccio “affari privati e pubblico danno”. Allargando lo sguardo all’area circostante, altre nuvole scure si addensano sull’orizzonte del territorio: un distretto delle attività estrattive tra San Vincenzo e Campiglia, il potenziamento della centrale elettrica Terna a Suvereto, la costruzione di nuovi capannoni industriali a Venturina. L’aria, la terra e il mare sono in sofferenza, vittime di scelte che prefigurano una strategia di attacco senza precedenti al territorio e alla salute, che mina le possibilità di rinascita rurale e turistica dell’intera Val di Cornia, di cui il motto “Piombino città dei rifiuti”, apparso nei mesi scorsi su giganti manifesti che richiamavano l’attenzione sulla salute pubblica, rischia di diventare, purtroppo, il lugubre e realistico biglietto da visita.

Soffre l’agricoltura di tutta l’area, i cui prodotti di qualità hanno bisogno di essere associati all’idea di un territorio di qualità.
Quelli ricordati sono solo alcuni esempi di una questione più generale, una “questione Piombino” che richiede un urgente cambiamento di rotta, l’avvio di una effettiva riconversione economica e di una diversificazione selettiva con la promozione di un clean economy dopo un secolo di industria pesante.

Piombino è stata una bella città industriale; c’è stato un tempo in cui, pur con i suoi problemi, era una città viva e moderna. Adesso rischia di trasformarsi in una brutta città postindustriale, epigono triste della postmodernità, quasi un epitaffio. Ma non tutto è perduto, e non ci si deve scoraggiare mai, memori anche delle battaglie vinte in passato da istituzioni, associazioni e comitati della società civile (lottizzazione Riva Verde, fanghi di Bagnoli, difesa del golfo di Baratti, Fonte di Sotto a Campiglia, tanto per fare alcuni esempi).
Oggi servirebbe una moratoria, uno stop di tutti gli interventi che aggrediscono il territorio, il paesaggio, la salute. Ci vorrebbe coraggio e lungimiranza, per aprire una fase realmente nuova, non a parole, ma coi fatti.

Poiché siamo alla vigilia delle elezioni amministrative, sarebbe necessario costruire proposte politiche effettivamente di rottura con il quadro esistente, che esprimano una visione strategica, che si pongano l’obiettivo di una città vivibile e moderna, la sfida di una rinascita su basi finalmente sostenibili, con una classe dirigente che sappia caricarsi sulle spalle il peso, ma anche l’entusiasmo di una simile sfida. Una sfida che parta dai valori del territorio e dal paesaggio, non dai rifiuti e dagli affari energetici. Anche il lavoro nasce dal paesaggio e dalle risorse del territorio, non dalle speculazioni esogene o dalle attese salvifiche del magnate di turno.

Il paesaggio è la risorsa fondamentale di un territorio come la Val di Cornia, quella che gli conferisce bellezza e che dà lavoro nel turismo, che aggiunge valore alle produzioni agricole, che promuove l’immagine e favorisce l’attrattività di un’area. Invece le politiche regionali e locali continuano a deturparlo, a ridurre la risorsa in modo irreversibile. È ora di cambiare rotta. Serve una forte mobilitazione e uno scatto d’orgoglio, una fiducia nel cambiamento possibile, un vento nuovo che spazzi via la classe politica che si è resa responsabile di queste scelte le quali rischiano di compromettere definitivamente il futuro dei giovani e del territorio. La fiducia che il cambiamento è possibile.

Questa città, che era battistrada di un intero comprensorio, è diventata il fanalino di coda della Val di Cornia: sfiduciata dai suoi stessi abitanti, disertata dai giovani di tutta la zona, sta voltando le spalle alle sue bellezze, ignorando le sue potenzialità. Piombino va riportata al centro, alla guida di un territorio che merita di più, che proprio grazie alla crisi industriale può costituire uno straordinario laboratorio di rinascita e di progresso buono, pulito e giusto, promuovendo senza arrendersi la partecipazione attiva dei cittadini di tutta la Val di Cornia, stanchi di vivere in una terra bella e sventurata.

Rossano Pazzagli
Storico, docente all’Università del Molise, membro della Società dei Territorialisti

Tratto da L’Etrusco

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