«Il passo è più lungo della gamba» Il vicesindaco di San Vincenzo invita a ripensare le scelte urbanistiche
All’interno della Torre, all’ingresso della mostra pittorica di Daniele Govi dal titolo “San Vincenzo paese dell’anima” – 50 tele che ritraggono il paese dal ’77 al 2008, con luoghi in gran parte non più esistenti, che il pittore ha donato al Comune – ci imbattiamo in un pannello recante uno scritto introduttivo alla mostra stessa a firma del vicesindaco e assessore alla cultura del Comune, Fabio Camerini. Le parole di Camerini sugli errori commessi dalle ultime amministrazioni nella pianificazione urbanistica, con una conseguente perdita d’identità, sono chiare e nette, sebbene vi si percepisca non l’intento di polemizzare, ma quello di invitare alla riflessione. Errori di amministrazioni che hanno visto lo stesso Camerini tra i protagonisti in veste di assessore e vicesindaco. «Mi assumo – dice Camerini – la mia parte di responsabilità circa questa situazione. Non mi nascondo certo dietro un dito. Il mio è un tentativo di aprire una riflessione e una discussione sugli sbagli compiuti, sbagli di cui dobbiamo prendere atto per pensare una diversa politica urbanistica, sociale e culturale. E’ un invito al recupero della memoria storica e al senso di appartenenza, da parte della gente, ad una comunità».
Che cosa si è sbagliato, secondo lei, negli ultimi 15-20 anni?
«Prima degli anni ’50-’60, San Vincenzo era un borgo di pescatori, legato al mare sia a livello culturale che produttivo. Negli anni ’60 e ‘70, il borgo di pescatori si è trasformato in paese. A partire dagli anni ’90, si è voluto far diventare il paese una “città”, cosa che non è e non potrà mai essere. Si è fatto il passo più lungo della gamba. Ecco quindi che gli errori verificatisi hanno prodotto una perdita graduale d’identità, con il conseguente smarrimento della memoria storica. Ho fondato il mio assessorato proprio sul recupero della memoria storica, che considero un atto fondamentale di riappropriazione, da parte dei cittadini, delle radici comuni. E’ necessario un cambio di rotta.
Come immagina questo cambio di rotta?
« Mi riferisco ad un cambio di rotta non solo a livello urbanistico, ma anche culturale, economico e sociale. Bisogna rivitalizzare tutti gli angoli storici di San Vincenzo, con centri di aggregazione (che adesso mancano) per i sanvincenzini, che percepiscono il paese lontano da loro».
Quali sono state le cause di anni di cementificazione selvaggia?
«La cementificazione selvaggia si deve ad un’errata idea generale di sviluppo. Un’idea di sviluppo che, anziché migliorarli, ha distrutto luoghi storici del paese».
Nostalgia davanti ai quadri di Govi? Non potrebbero essere, quelle tele della San Vincenzo che fu, la base per un futuro che si rifaccia al passato?
«C’è nostalgia, sì, ma dobbiamo fare i conti con la realtà. E’ improbabile che la San Vincenzo degli anni ’60 e ’70 possa essere un modello vincente anche oggi. Il mondo è cambiato. L’evoluzione, entro certi limiti, è giusta e naturale. Certo è che in questi ultimi lustri vi sono stati evidenti eccessi. Personalmente, avrei conservato i tratti identitari, storici e culturali del paese, e vedo in questa conservazione la base per un prossimo cambio di rotta. E non solo, lo ripeto, nell’urbanistica. E’ necessario privilegiare la qualità rispetto alla quantità: la quantità è effimera e non paga, mentre la qualità paga sempre e a lungo. Vorrei che vi fosse un rapporto più stretto tra chi amministra ed i cittadini, tra i cittadini e il bene di tutti. La gente si è allontanata dalla politica e dalla progettazione generale, per così dire, di ciò che concerne il proprio paese. L’urbanistica può modificare anche la cultura e il senso civico dei cittadini».
Ma a San Vincenzo, così come in altri Comuni, non è ammesso il referendum sull’urbanistica.
«E’ un discorso ampio e da approfondire. Tuttavia, non avrei alcun problema a discutere dell’eventuale modifica dello Statuto comunale circa la possibilità, per i cittadini, di esprimersi attraverso un referendum comunale sull’urbanistica».
Paolo Federighi – Il Tirreno 30.7.2012