Caso cave di Campiglia – Benesperi: commenti e riflessioni
«Leggo un documento del Coordinamento del PD di Campiglia e della Federazione Val di Cornia-Elba a proposito della questione “cave di Campiglia”.
Esso termina con queste parole: “..Il tema della compatibilità tra l’attività estrattiva e la crescita definitiva del Parco è un questione su cui il territorio si misura da anni e che ha visto protagoniste, ironia della sorte, personalità che dalle istituzioni e da ruoli ricoperti negli enti pubblici hanno contribuito significativamente alle scelte di cui oggi discutiamo. Noi ci sentiamo parte di quella storia, la difendiamo perché li ritroviamo il nucleo vitale di un territorio che tenta di riprogettarsi non mettendo in contrapposizione la tutela dell’ ambiente con lo sviluppo. Siamo certi che tra qualche tempo saremo sempre da questa parte».
Siamo ancora una volta alla retorica della compatibilità tra l’attività estrattiva e la crescita dei Parchi ed alle allusioni su persone che non vengono nominate.
Cerchiamo allora di far capire bene alla gente cosa è davvero successo perché la realtà è che, sulla materia , si è detto una cosa e se ne è praticata un’altra a svantaggio di parchi, territorio e sviluppo della Val di Cornia, senza dibattito pubblico. E questo è gravissimo dal punto di vista della concezione e della pratica del governo delle istituzioni e più in generale della democrazia.
Personalmente nello specifico ho saputo molto
1. dei progetti e dei relativi finanziamenti che hanno portato alla costruzione del sistema dei parchi della Val di Cornia,
2. del finanziamento e della realizzazione della piattaforma TAP, inserita in un accordo tra Regione, Provincia e Comune di Piombino firmato in data 26.04.1999,
3. dei ritardi successivamente accumulati per la sua realizzazione,
4. della preparazione e della firma del protocollo d’intesa tra Comuni, Circondario della Val di Cornia, Provincia e Regione sottoscritto il 30 ottobre 2002 che tra le altre cose diceva: “… Per le attività di cava, che più impegnano il territorio sul versante delle problematiche ambientali, l’indirizzo è quello di giungere alla scadenza delle autorizzazioni comunali senza ulteriori rinnovi. Si intreccia, al proposito, per le cave di calcare del campigliese, la questione della produzione di materiale inerte dal ciclo TAP che potrebbe consentire un minor fabbisogno complessivo…”.
Personalmente nello specifico non ho mai saputo nulla, e mi attengo solo ai fatti fondamentali,
1. della delibera del Comune di Campiglia M. del 1997 che ha consentito la commercializzazione libera del calcare e degli scarti,
2. della delibera del Comune di Campiglia M. che ha portato al 2016 il termine previsto per la coltivazione,
3. della Autorizzazione dirigenziale del 6 agosto 2002 che ha portato al 2018 il termine per la coltivazione e a 8.507.000 tonnellate la quantità dei materiali estraibili.
Lontananza, distrazione, assenza? Può darsi, ma la conclusione vera è che, mentre in qualche sede ci si confrontava e si mettevano in campo progetti per il contenimento delle attività di cava a vantaggio dei parchi e della conversione dei rifiuti industriali in materiale utilizzabile, contemporaneamente, in qualche altra sede si operava in senso contrario.
Se si ritiene che questa sia trasparenza, lascio questa opinione ai miei interlocutori.
Paolo Benesperi
Piombino, 18 Luglio 2008
Corriere Etrusco