“Abbiamo acceso l’insegna di un negozio ancora vuoto”

“Abbiamo acceso l’insegna di un negozio ancora vuoto”

A proposito del recente cambio di nome di Venturina in Venturina Terme, ci sembrano importanti i due commenti di Gianluca Camerini, letti su Facebook, che ci sentiamo di condividere:

Ero un ragazzetto quando, un bel giorno, il comune si accorse che a Venturina esistevano le terme e che l’assetto urbanistico del paese avrebbe dovuto tenerne conto, tutelando e valorizzando le due aree termali, magari unendole in una sola. A tale scopo si pensò di realizzare un “parco termale”, idea nobile che però sfortunatamente si trasformò ben presto in un’operazione edilizia del tutto privata, che niente aveva a che fare con l’utilità pubblica.

Accanto alle Terme si autorizzò la costruzione di un edificio in stile moderno, con dei campi da tennis e una piscina privata non termale (che diventò un club), per di più centrando in pieno e cancellando per sempre un sito archeologico romano di notevole importanza, probabilmente una villa di età imperiale con resti di strutture termali.

Poco più in là si pianificò addirittura la nascita di un intero nuovo quartiere, fatto di case umide, costruite su un terreno del tutto inadatto che fino a due o tre secoli fa era stato il fondo melmoso di un lago termale.

Di là dalla strada, su un altro fondale del medesimo bacino, si decise di riallagare una vasta area, ricreando di fatto una porzione dello storico lago di Caldana, la cui essiccazione e bonifica era costata ai granduchi ingenti quantità di denaro e sforzi immani, durati tre secoli, alla popolazione campigliese.

L’idea ambientalista di creare un’oasi per la fauna acquatica, senz’altro utile e apprezzabile in altri contesti, appare molto meno comprensibile se collocata all’interno di un paese nel quale si vuole sviluppare l’offerta turistico termale. I laghetti di Tufaia, fin da subito abbandonati al degrado e mai messi realmente in sicurezza, si rivelarono ben presto un grande spreco di spazio e un’occasione persa di riqualificazione urbanistica.

Eppure, le amministrazioni comunali succedutesi negli ultimi anni rivendicano con orgoglio la paternità di opere urbanistiche che, a loro dire, avrebbero favorito lo sviluppo termale, ma analizzando quello che è stato realmente fatto è evidente che si tratta esclusivamente di palliativi, nient’altro che interventi ordinari di manutenzione e miglioria di fossi e strade. Fu così che, in pochi anni, l’area inizialmente destinata al parco termale fu “sacrificata”, metro dopo metro, in favore di una spregiudicata attività edilizia privata che non ha prodotto alcun vantaggio pubblico al Comune di Campiglia e ai suoi cittadini.

Cosa resta oggi del parco termale oltre al nome? Questa politica dell’apparenza, che pretenderebbe di limitarsi ad imbiancare i sepolcri per renderli meno maleodoranti, prima o poi dovrà fare i conti con la realtà. Dovrà farlo perché glielo chiedono i cittadini, che sono sempre meno ingenui e sempre meno disposti a subire scelte che, oramai da troppo tempo, non riescono più a comprendere.

Un paese termale ha bisogno di opere pubbliche, non può delegare tutto ai privati, ha bisogno di strutture che siano utilizzate prima di tutto dalla cittadinanza, piscine pubbliche dove i cittadini possano nuotare tutto l’anno a prezzi simbolici, senza essere costretti a pagare abbonamenti costosi in ambienti esclusivisti, concepiti per clientele vip che non portano vera ricchezza al paese.

Per svilupparci, non abbiamo bisogno solo di club privati e alberghi di lusso, dovremmo puntare soprattutto sul turismo di massa che, anche se attualmente in crisi, resta l’unica strada per fare in modo che i nostri commercianti possano beneficiare realmente dei vantaggi derivanti dall’essere un paese termale. Il nome ce lo abbiamo, questa volta però lasciamo che siano i cittadini a decidere quale futuro dare al loro “nuovo” paese.

***

Il mio babbo è stato direttore delle allora Terme Valle del Sole ( oggi Terme di Venturina) per quasi 30 anni ed io ci sono cresciuto dentro. Ricordo molto bene l’iniziale rivalità con il Calidario, temperatasi poi intelligentemente nel corso degli anni fino a trasformarsi in reciproca collaborazione tra i due diversi poli termali del paese.

Una cosa è certa: le acque termali di Caldana sono tra le migliori d’Italia e gli studi compiuti lo hanno dimostrato ampiamente. Hanno straordinarie capacità curative, in particolare la sorgente Cratere, in diversi ambiti clinici.

Ho visto con i miei occhi persone affette da anni da tremendi mal di testa cronici, causati da gravi sinusiti, guarire dopo aver espulso dal naso concrezioni grandi e dure come sassi. Diverse signore hanno risolto problemi di sterilità, ritenuti incurabili dai medici, grazie alle irrigazioni con l’acqua delle terme (ricordo con particolare affetto una di loro che, in segno di riconoscenza, volle chiamare la figlia Claudia, in “onore” del mio babbo Claudio) e potrei fare innumerevoli altri esempi simili.

Detto questo, credo che fino ad oggi nella storia delle terme di Caldana siano state più le occasioni perse di quelle colte. Le cause di questo mancato sviluppo sono molteplici e, anche se, per esserci cresciuto dentro, ho avuto modo di farmi un’idea ben precisa di quali siano i motivi della nostra arretratezza e mancanza di competitività rispetto agli altri centri termali, non è questa la sede per affrontare una discussione così importante.

Mi limiterò a dire che, a mio avviso, il cambio del nome del paese avrebbe dovuto essere il punto di arrivo di un percorso partecipato e non l’inizio di un qualcosa che non è stato ancora pianificato. La demagogia e l’ipocrisia si sprecano in queste occasioni, da una parte e dall’altra, tra i favorevoli e i contrari, ma al di là dei battibecchi e delle inutili rivalità paesane, questa volta corriamo il rischio di perdere un’altra occasione di sviluppo, forse l’ultima.

Il mondo è cambiato, siamo in ritardo di almeno 50 anni, la gente prima di scegliere la meta delle proprie vacanze si informa in rete, esamina le offerte attentamente e i fattori che determinano la scelta sono molto concreti. Se creiamo aspettative che non siamo in grado di soddisfare l’effetto sortito sarà esattamente l’opposto di quanto tutti speriamo. Ad oggi, la sensazione è quella di aver acceso l’insegna di un negozio ancora vuoto.
Buon anno a tutti da Venturina Terme.

Gianluca Camerini

(Tratto da Facebook)

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6 pensieri su ““Abbiamo acceso l’insegna di un negozio ancora vuoto”

  1. Condivido in pieno quanto sopra scritto dal Presidente soSAM Gianluca Camerini e aggiungo, che un domani può sempre essere presa in considerazione la possibilità di trasformare il nome in VENTURINA… TARME…viviamo in un “aramadio chiuso” da almeno 50 anni.

  2. Complimenti per il paragone 😉 infatti qualsiasi commerciante intelligente sa’ che la pubblicita’ e’ la cosa piu’ importante e potendo accenderebbe l’insegna ben prima di aprire il negozio…

    Il disfattismo ed il nichilismo sono solo una scusa per gli incapaci e per chi non combina nulla…

  3. Leggo con stupore la proposta di aggiungere “Terme” a Venturina.
    La legge 24 ottobre 2000 n 323 dal titolo “Riordino del settore Termale” descrive chiaramente cosa sono le Terme e, a Venturina, solamente la struttura vicino all’Hotel delle Terme mi sembra possa fregiarsi di tale appellativo. Per evitare di leggere decine di articoli in legalese, mi sono fatto una regoletta personale: “le terme sono quei posti dove il SSN ti eroga contributi in soldi per aiutarti a star bene” tutto il resto ha sapore di truffaldino…compresa, quindi, la scritta in questione. Come controprova potete scorrere, apprezzandone il significato, le varie realtà toscane come Montecatini Terme, Equi Terme, Casciana Terme, Porretta Terme ecc.

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