RTA : Vendite regolare, si o no? Una voce discordante

Un notaio grossetano ribadisce la leggitimità dei contratti

Sabato prossimo, 19 gennaio, (NB: questo articolo è stato pubblicato su Il Tirreno del 16 gennaio 2008, cioè 3 giorni prima del Convegno  di Grosseto “l’Albergo non é una casa”) alla Fattoria La Principina si parla di case-albergo, le ormai famose residenze turistico alberghiere (rta) e case appartamenti vacanza (cav) balzate sotto i riflettori della cronaca per le inchieste giudiziarie, con relativi sequestri e avvisi di garanzia, delle quali nell’ultimo anno sono state oggetto.

Se ne parla in un convegno organizzato dall’assessorato al turismo del Comune di Grosseto. E la posizione in materia dell’amministrazione comunale appare esplicita sin dal titolo dell’incontro: “L’albergo non è una casa. Nuove forme di speculazione edilizia: Grosseto diventa punto di riferimento nazionale per contrastare un fenomeno che mette a rischio le coste italiane”.

Per sviscerare la materia l’assessore Marco Barzanti ha chiamato fior di esperti e di amministratori.

Tra i relatori invitati non compaiono però i notai, che pure nelle vicende legate a queste strutture sono stati più volte chiamati in causa. Se infatti il problema sta nel fatto che delle strutture alberghiere (quali di fatto dovrebbero essere i residence) sono state frazionate in singoli appartamenti poi venduti a privati come abitazioni di residenza, in tanti si sono chiesti quale ruolo abbiano svolto i notai, ovvero coloro che hanno dato validità legale agli atti di compravendita.

«I notai – spiega Bruno Gaudieri, notaio grossetano – devono applicare le normative esistenti». E le vigenti normative, sottolinea Gaudieri, non contengono il divieto di vendita frazionata della rta, appartamento per appartamento.

«Qual è la particolarità della rta, allora, rispetto a un normale appartamento ad uso residenziale? La peculiarità è la gestione unitaria dell’intera struttura come impresa turistico-ricettiva. L’anomalia, nasce semmai qualora questi immobili vengano commercializzati senza rendere chiaro agli acquirenti il vincolo di destinazione e di gestione unitaria. Nessuna norma vieta la vendita della singola unità: l’obbligo è di non modificarne la destinazione».

Ma se non si può usare quell’appartamento come fosse il proprio, perché acquistarlo?

«Per esempio come investimento: una casa vacanza può rendere parecchio. Ma dopo l’acquisto devo affidare la gestione dell’unità immobiliare a un amministratore unitario della struttura. Per questo scopo ci sono anche società specializzate nate apposta. Ma ripeto: laddove la norma ha voluto vietare la vendita frazionata, come nel caso delle piazzole nei campeggi, lo ha detto espressamente, vietando anche, in casi precisi, affitti pluriennali o a tempo indeterminato delle singole unità».

Dunque gli atti di compravendita stipulati dai notai sono legittimi?

«Il notaio non può rifiutarsi di stipulare un atto, a meno che questo non sia contro la legge, l’ordine pubblico e il buoncostume. Siccome la vendita frazionata si può fare, il notaio ha l’obbligo di prestare il suo “ministero”».

Non crede che, detto così, alla pubblica opinione possa apparire un modo per lavarsi le mani del problema?

«Assolutamente no. Il notaio deve mettere l’acquirente in condizione di sapere cosa sta comprando, e l’uso che eventualmente può farne. Di ciò deve dare riscontro in atto, che sia scrittura autenticata o atto pubblico non comporta alcuna differenza. In parole povere deve evidenziare che quella è sì un’unità abitativa, ma che se lui intende usarla deve pagare il gestore, proprio come un qualsiasi cliente. Insomma, nell’atto deve richiamare la norma di legge sulla gestione unitaria ed ogni altro vincolo».

Ma la categoria catastale non è uno strumento utile, in questo senso?

«Questo è un punto sul quale bisogna sgombrare il campo dagli equivoci. Per la categoria catastale la competenza è esclusiva dell’Ute, Ufficio tecnico erariale, che usa un criterio oggettivo: non guarda alla funzione dell’abitazione, ma alla sua tipologia. E siccome gli appartamenti delle rta sono fatti come gli appartamenti a uso residenziale, l’Ute può legittimamente accatastarli in categoria A, vale a dire quella delle normali abitazioni».

Ma come è possibile che gli appartamenti in rta, dunque a destinazione alberghiera, siano stati acquistati con i benefici della prima casa?

«Possibile e legittimo. La normativa ha infatti eliminato il requisito della residenza nell’appartamento, l’obbligo riguarda solo la residenza nel comune dove l’appartamento è ubicato. La prima casa non è più prima casa “di abitazione”, ma prima casa e basta. La legge non prevede che l’acquirente debba viverci, qualora sia la prima volta che richiede tali agevolazioni».

Insomma, gli atti stipulati dai notai sono perfettamente in regola. Eppure in questi mesi abbiamo sentito e letto più volte dichiarazioni secondo le quali le vendite stipulate dai notai potrebbero risultare nulle.

«Non è così. A conforto di quanto detto mi risulta che alcuni consiglieri regionali hanno proposto di innovare la vigente normativa nel senso di introdurre esplicitamente il divieto di vendita frazionata delle unità abitative di rta. Peraltro, tale proposta, se da un lato conferma che la vendita delle singole unità abitative è attualmente consentita, d’altro canto pone perplessità riguardo alla possibile violazione della riserva di legge dello Stato in materia di limiti sulla libera circolazione dei beni di proprietà privata».

Emilio Guariglia
Il Tirreno, 16 gennaio 2008

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