Riflessioni e documentazione del CxC sulla legge regionale in materia di attività estrattiva
Il 9 Novembre nell’ambito di un incontro pubblico sul problema delle cave e miniere in Campiglia promosso dalla lista “Comune dei Cittadini”, il Comitato per Campiglia ha illustrato la legge regionale vigente n. 78/98 che regola la materia in tutta la Toscana. Sono stati messi in evidenza gli aspetti più critici che in quattordici anni di applicazione hanno portato non pochi problemi in tutti i territori interessati e in particolar modo nei Comuni di Campiglia e San Vincenzo.
Il problema principale è rappresentato dal fatto che la legge è estremamente settoriale e non prende minimamente in considerazione le ricadute che le cave e miniere a cielo aperto possono avere sulle altre attività di zona, in particolare sul turismo e sulla agricoltura, settori questi in crescita nella Val di Cornia e che negli ultimi anni hanno prodotto un incremento notevole di occupazione.
Al contrario nelle cave e miniere non risultano crescite di assunzioni e attualmente 45 persone risultano assunte nelle cave di Campiglia, 45 nella Miniera di Botro ai marmi e Montorsi e forse altrettanti nella cava di Monte Valerio ( le 10 società del gruppo SALES sparse nella Toscana e alto Lazio occupano in tutto 223 persone).
Un turismo qualificato come quello oggi richiesto a livello nazionale e internazionale, basato sulla fruizione di paesaggi tutelati e promossi, sul patrimonio culturale, sulla alta qualità dell’ambiente e dei prodotti alimentari e vinicoli reperibili in loco, non può essere promosso in aree dove le emergenze maggiori a colpo d’occhio sono gigantesche cave e miniere a cielo aperto visibili fin dalla Corsica e nelle quali la rinaturalizzazione ha ritardi di anni rispetto a quanto riportato nei piani di coltivazione.
La legge regionale poi prevede la corresponsione di contributi da parte di chi ha concessioni di coltivazione. Per gli inerti il contributo può arrivare al massimo al 10% del valore medio di mercato dei materiali estratti. In realtà i Comuni di Campiglia e San Vincenzo non ricevono più dell’1,2%. Cosicchè il Comune di Campiglia, dove nel 2009 si sono scavati mc.770.000 (che oltre tutto non determinano alcun indotto di lavorazione dei materiali), invece di ricavare una cifra che oscilla tra € 1.300.000 e 2.300.000 ogni anno, ricava € 140.000. Tutto questo perché il contributo viene definito dalla Regione solo in base ai presunti costi di manutenzione delle infrastrutture, ai costi burocratici relativi al rilascio delle concessioni e ai costi relativi alla sorveglianza del rispetto delle convenzioni. In pratica non si dà alcun peso al danno economico derivante dalla distruzione del paesaggio e la conseguente impossibilità di sviluppare altre attività legate al paesaggio.
Una legge regionale che prevedesse una diversa quantificazione dei contributi, permetterebbe a Campiglia di incassare da qui al 2018/2020, da € 9.000.000 a € 16.000.000 e di conseguenza permetterebbe al Comune di promuovere attività lavorative non solo in grado di assorbire non solo le maestranze delle cave e miniere il cui lavoro cesserà con la fine delle concessioni, ma di attivare altri posti di lavoro.
Per la miniera di felspato di Botro ai Marmi e Montorsi, la Regione non ha neppure rispettato gli strumenti urbanistici da lei stessa approvati, e ha dato il via a scavare fino al 2027 mc.3.300.000 di feldspati con la scusa che il materiale è strategico anche se in realtà si trova in tantissime miniere in Italia e all’estero. E’ certo comunque che il minerale necessario estratto a Campiglia avrà un valore di mercato annuo che oscillerà tra €30.000.000 e € 50.000.000 (non avendo reperito i valori nelle miniere italiane abbiamo fatto riferimento a quelli della Cina riportati in Internet) e che il Comune riceverà un contributo di € 9.000 all’anno per vedere distrutti 37 ettari di territorio di fronte al mare dei quali diversi già perfettamente rinaturalizzati, senza neppure creare un indotto nella lavorazione dei minerali.
Poiché tutto ciò è scandaloso, superato dai tempi e con una visione economica che risale all”800 è indispensabile che tutte le forze politiche dei Comuni interessati richiedano che la legge 78/98 che è in corso di modifica per ottemperare alle direttive europee sul libero mercato, sia modificata partendo da alcuni concetti di base:
1) La trasformazione di un territorio e del suo paesaggio con attività estrattive deve essere ammessa solo quando il rapporto benefici/costi è favorevole per le collettività locali. Tra i benefici rientrano il numero di posti di lavoro realizzabili direttamente o con l’indotto, e tra i costi i posti di lavoro che si perdono per la difficoltà di fare decollare altre attività in presenza di cave e di trasformazioni irreversibili del paesaggio.
2) Nella quantificazione dei contributi da versare alle collettività locali devono essere inseriti anche i costi derivanti dalla minore possibilità di potenziare o creare altre attività in quanto conflittuali con la presenza di cave e dalla necessità di favorire la creazione di attività in grado di assorbire gli addetti alle cave quando le attività estrattive dovessero cessare.
3) La possibilità di prorogare le concessioni alla loro scadenza deve essere condizionata alla verifica della sussistenza di quanto al punto 1)
4) La possibilità di aprire nuove cave in deroga al PRAER per realizzare opere pubbliche deve essere impedita .
5) Deve essere privilegiato il riuso dei residui di lavorazioni industriali o di altra fonte debitamente trattati per essere usati come inerti.
6) Deve essere ridefinito il significato di materiali ornamentali per evitare l’uso di queste cave per ottenere di fatto inerti.
7) Deve essere rivisto il criterio di strategicità dei materiali inserendolo in quadro nazionale.
In conclusione il Comitato del Campiglia critica l’inerzia dimostrata dal Comune di Campiglia che negli anni passati non ha fatto alcun ché per evitare il ricatto occupazionale nel caso Botro ai Marmi e Montorsi; critica la Regione per la indifferenza per le scelte delle comunità locali e per l’atteggiamento verticistico che sta dimostrando e che è condannabile come il localismo sfrenato degli anni passati.
Il Comitato non vede in un polo estrattivo degli inerti il futuro di questo territorio, ma semmai la sua morte visto che le attività future in questi territori non possono basarsi più sull’edilizia sfrenata o le grandi opere inutili che assorbono inerti e cemento e che comunque possono in parte essere sostituiti dal riuso dei milioni di metri cubi di scorie fino ad oggi inutilizzate.
Campiglia Marittima 10-11-2012
Comitato per Campiglia
Alberto Primi
Allegato: Gli aspetti negativi che devono essere eliminati con estrema urgenza da una nuova legge regionale
Sulla stampa:
«Il costo nascosto delle cave»
«Non si dà alcun peso al danno economico derivante dalla distruzione del paesaggio e la conseguente impossibilità di sviluppare altre attività legate al paesaggio». A sostenerlo è il Comitato per Campiglia che interviene nel dibattito sulle cave.
«Il problema è rappresentato dal fatto che la legge è estremamente settoriale e non prende minimamente in considerazione le ricadute che le cave e miniere a cielo aperto possono avere sulle altre attività di zona, in particolare sul turismo e sulla agricoltura, settori questi in crescita nella Val di Cornia e che negli ultimi anni hanno prodotto un incremento notevole di occupazione.
Al contrarionelle cave e miniere non risultano crescite di assunzioni (45 persone nelle cave di Campiglia, 45 nella Miniera di Botro ai marmi e Montorsi e forse altrettanti nella cava di Monte Valerio dato che le 10 società del gruppo Sales sparse nella Toscana e alto Lazio occupano in tutto 223 persone).
Un turismo qualificato come quello oggi non può essere promosso in aree dove le emergenze maggiori a colpo d’occhio sono gigantesche cave e miniere a cielo. Anche nella corresponsione di contributi da parte di chi ha concessioni di coltivazione il valore viene definito dalla Regione solo in base ai presunti costi di manutenzione delle infrastrutture, ai costi burocratici relativi al rilascio delle concessioni e ai costi relativi alla sorveglianza del rispetto delle convenzioni.
In pratica non si dà alcun peso al danno economico derivante dalla distruzione del paesaggio e la conseguente impossibilità di sviluppare altre attività legate al paesaggio. Una diversa quantificazione dei contributi, permetterebbe a Campiglia di incassare da qui al 20218/2020, da 9.000.000 a 16.000.000 euro e di conseguenza promuovere attività lavorative in grado di assorbire non solo le maestranze delle cave e miniere il cui lavoro cesserà con la fine delle concessioni, ma di attivare altri posti di lavoro».
La Nazione – 13.11.2012