NUOVO CODICE IN DIFESA DEL PAESAGGIO – L’analisi di Salvatore Settis
Continua implacabile, anzi cresce ogni giorno, l´ondata di cemento che sta seppellendo il paesaggio italiano.
Di fronte a questo irresponsabile suicidio, è il momento di chiedersi se le correzioni apportate al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, che entrano in vigore in questi giorni, saranno un presidio sufficiente.
Il ministro Rutelli ha condotto in porto con determinazione una normativa che afferma principi capitali, ispirati alla priorità della tutela del paesaggio (competenza esclusiva dello Stato) sulla gestione del territorio (affidata a Regioni ed enti locali).
Nulla di più di quanto dice l´art. 9 della Costituzione: ma i conflitti insorti fra Stato e Regioni e alcune recenti, importanti sentenze della Corte Costituzionale hanno consentito di riformulare questi principi con maggior rigore.
Si è così potuto disciplinare la co-pianificazione obbligatoria Stato-Regioni, reintrodurre il parere vincolante delle strutture ministeriali per ogni intervento sul paesaggio protetto, commisurare il peso degli enti locali alle competenze di cui sapranno dotarsi e alla loro capacità di progettare il futuro del proprio territorio.
Queste ed altre modifiche intervengono su un impianto del Codice già stabilito da altri ministri di altre maggioranze (Urbani e Buttiglione): c´è dunque speranza che un tema di tanta importanza venga affrontato anche dal prossimo governo, di qualunque colore, con spirito di fedeltà alla Costituzione e agli interessi del Paese.
Questo non vuol dire, ahinoi, che possiamo dormire sonni tranquilli. Le leggi, anche quelle ottime, restano lettera morta se non ci si mette in condizione di applicarle, e se non si modificano le condizioni che hanno determinato l´insorgere dei relativi problemi. Almeno tre punti vanno citati in questo contesto: gli organici delle Soprintendenze, lo stato della normativa regionale e le incertezze finanziarie degli enti locali.
Si sa che il blocco delle assunzioni ha colpito duramente la funzionalità delle Soprintendenze (l´età media degli addetti si aggira oggi sui 55 anni); si spera che venga portato a termine un piano di nuove assunzioni lanciato da Rutelli, ma non basta.
A quelle poche centinaia di nuovi posti si deve aggiungere, se si vuole che lo Stato risponda con efficacia ai compiti che con questa legge si è dato, un reclutamento straordinario, di giovani e competenti funzionari, assunti sulla base esclusiva della competenza e del merito.
Non meno grave è il blocco all´applicazione del Codice che può insorgere se le Regioni non provvederanno rapidamente a modificare le proprie normative, che troppo spesso prevedono la sub-delega ai Comuni di ogni autorizzazione paesaggistica: è così che sono nati non uno, ma centinaia di “casi Monticchiello”. Il nuovo Codice rende illegittimo questo meccanismo di sub-delega, ma è necessario adeguare la legislazione regionale, nonché prevedere un opportuno regime transitorio.
Più gravi sono i problemi che derivano dallo stato delle finanze comunali. Si sa che, in una condizione generale di sofferenza, gli oneri di urbanizzazione sono diventati per i Comuni una delle principali fonti di introito, se non la principale. Queste tasse, dovute ai Comuni per ogni nuovo insediamento o edificio, erano destinate in origine alle opere pubbliche di volta in volta necessarie (strade, fognature, ecc.); ma da qualche anno, entrando nel bilancio comunale, sono utilizzabili per spese di ogni natura.
Si spiega così che Comuni e sindaci anche “virtuosi” si lascino tentare dal consumo indiscriminato del territorio, pur di assicurare introiti adeguati alle loro casse altrimenti vuote.
Su questo tema non è certo un Codice dei Beni Culturali che può intervenire: esso richiede una assai più attenta e vasta analisi e condivisione, prima di essere affrontato in modo efficace.
Il paesaggio è uno dei pilastri della storia e dell´identità del nostro Paese, nella diversità e varietà straordinaria delle sue città e delle sue regioni. E´ una delle massime ragioni di attrattività del nostro Paese, concorre a costituirne l´immagine e l´anima per gli italiani e per chi non lo è. Dopo una serie di leggi (la prima delle quali proposta nel 1920 dal ministro Benedetto Croce), la sua tutela ha raggiunto rango costituzionale con l´avvento della Repubblica.
La nostra Costituzione è stata anzi la prima al mondo a collegare organicamente tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico e tutela del paesaggio; e a porla fra i principi fondamentali della Repubblica. Di questi precedenti storici, giuridici, istituzionali e civili dovremo saperci ricordare, se non vogliamo che la crisi delle attività produttive lasci spazio solo a un´edilizia di basso livello che consuma il paesaggio, a un turismo becero che, indirizzandosi nei luoghi più decantati del Paese, li aggredisce e li distrugge. Se vogliamo che il nuovo Codice non sia una vana proclamazione di buone volontà, ma un importante passo avanti nell´attuazione della Costituzione repubblicana. Può esserlo, dipende da noi.
Salvatore Settis
Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa
Professore ordinario di Storia dell’arte e dell’archeologia classica
Direttore del Laboratorio Interdisciplinare per la Ricerca, progettazione e gestione del Patrimonio culturale
La Repubblica
9 aprile 2008