«Le concessioni vanno rinnovate questa attività è fondamentale»

«Le concessioni vanno rinnovate questa attività è fondamentale»

Il direttore Marco Valtriani non usa giri di parole, dalle estrazioni a Campiglia dipendono molte grosse aziende toscane: «È una fortuna avere in zona un giacimento unico».

La Cna provinciale prende posizione, con fermezza, su Cave di Campiglia, dopo l’annuncio che la società, in mancanza di certezze per il futuro, in particolare il rinnovo delle concessioni, manderà a casa subito 10 persone, con la prospettiva di chiudere nel 2018.

La Cna, con il direttore Marco Valtriani, parla chiaro: vanno rinnnovate le concessioni, perché il territorio non può permettersi di perdere un’attività che funziona. E, soprattutto, bisogna uscire dalla logica secondo la quale i lavoratori che perdono il posto si possono “ricollocare” (sempre che sia possibile), perché la Val di Cornia ha bisogno di aziende che creino nuovi posti. Il progetto di Cave andava proprio in questo senso.

«Era il settembre dello scorso anno – dice il direttore della Cna Marco Valtriani -, quando Cna lanciava con forza l’allarme sulla situazione del settore estrattivo che poteva diventare devastante sul territorio della Val di Cornia e non solo, appellandosi alla politica affinchè scongiurasse la perdita dei posti di lavoro esistenti ed anzi agevolasse l’incremento di nuovi: niente si è mosso ed oggi già dieci persone sono piombate nel vortice della precarietà».

La società, infatti, attende dal maggio 2015 una risposta dal Comune di Campiglia. «Qui non c’entra la crisi globale o la legge di stabilità, qui c’entra la responsabilità che la politica locale, ed in primis il sindaco di Campiglia Rossana Soffritti, deve assumersi per rendere effettive le scelte di indirizzo già programmate a livello regionale e provinciale attraverso il Paerp (Piano delle attività estrattive, di recupero delle aree scavate e riutilizzo dei residui recuperabili, ndr), rinnovando la concessione che scade nel 2018. Quando sosteniamo che i tempi della politica non sono quelli delle imprese e che la burocrazia può fare più danni della crisi, è perché sappiamo che per programmare investimenti di questa portata le aziende hanno bisogno di un orizzonte temporale lungo e di certezza normativa. Di tempo se ne è già perso troppo: oppure si vuol aspettare che l’azienda chiuda e con essa innescare una crisi a catena?»

«Abbiamo la fortuna di avere sul territorio un materiale di eccellenza come il microcristallino col 99% di purezza: dovrebbe bastare questo dato tecnico che rende le cave di Campiglia e la cava della Solvay a San Carlo uniche in Toscana in questa tipologia di materiale e tra le pochissime in Italia, a far capire come sia irragionevole anche solo pensare di rinunciare ad un volano di sviluppo del genere per la Val di Cornia e a un’attività estrattiva riconosciuta come strategica per l’industria toscana; è un prodotto di elevata qualità indispensabile per l’acciaio del futuro forno elettrico della Aferpi, per la produzione di bicarbonato della Solvay a Rosignano, per il vetro della St. Gobain di Pisa e per la produzione di altre industrie come la Knauf, la Verallia, l’impianto Enel di Civitavecchia, solo per citare alcuni fra i principali acquirenti del microcristallino che qui si estrae e che costituisce il 95% del fatturato della Cave di Campiglia.

Se si fa chiudere la Cave di Campiglia, il costo di approvvigionamento di questa indispensabile materia prima da parte di tutte queste realtà salirà enormemente con le immaginabili conseguenze di mercato e quindi occupazionali». «Speriamo – conclude Valtriani – di avere a breve notizie positive per il settore estrattivo locale dal sindaco di Campiglia: ci sono in ballo posti di lavoro e investimenti per decine di milioni di euro, elementi irrinunciabili per questo territorio. Fra l’altro sono posti di lavoro “nuovi”: occorre uscire dalla logica che chi perde l’occupazione si ricolloca. Non basta più, va data una speranza anche ai giovani».

Il Tirreno 16.11.2016

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