La storia delle cave di Campiglia scritta a 4 mani
È la storia dettagliata, vissuta giorno dopo giorno, di una vicenda triste che ha portato in dieci anni alla fotografia che oggi possiamo osservare da ogni angolo della pianura e perfino dalle pendici dell’Elba che guardano verso il continente.
È una storia, scritta a quattro mani, senza neanche un preventivo accordo tra gli autori, ognuno dei quali ha lavorato per proprio conto anno dopo anno. È la storia delle cavi di Campiglia.
Uno degli autori siamo noi di Stileliberonews che, nella rubrica “Pubblicazioni” della nostra home page, abbiamo inserito ogni articolo, ogni documento, ogni intervento pubblicato sulla testata dal 3 luglio 2013 al 4 novembre 2018. In pratica da quando il giornale è nato fino ad oggi. Cinque anni di lavoro non solo nostro ma dei moltissimi, associazioni, enti e singoli privati, che sugli sviluppi delle escavazioni hanno voluto offrire contributi, proposte e valutazioni.
L’altro autore è andato anche oltre. Il Comitato per Campiglia ha infatti voluto unire alla nostra pubblicazione – per questo lo ringraziamo — anche il proprio lunghissimo lavoro. Lo ha fatto raccogliendo nel proprio portale dieci anni di attività e di studio. Con un link potrete andare a rileggere tutti gli interventi del Comitato pubblicati dal 2008 ad oggi.
Il lungo lavoro è stato coordinato dall’architetto Alberto Primi, un professionista pratese che diversi anni fa ha scoperto le bellezze di Campiglia e anche purtroppo le innegabili “bruttezze” conseguenti alle escavazioni. Le reiterate, frequenti prese di posizioni del Comitato, riassunte nella pubblicazione di oggi, non hanno mai sfiorato la banalità e, al di là della più o meno convinta condivisione, rappresentano il risultato di studi, ricerche ed approfondimenti, sempre pacatamente orientati a favorire la comprensione.
Oggi Primi, rileggendo la copiosa documentazione, ribadisce la propria convinzione secondo cui “sulle cave non c’è mai stato alcun ripensamento nelle amministrazioni locali. I sindaci hanno dimostrato sempre e comunque di privilegiare gli interessi dei proprietari di cave rispetto a qualunque nuova economia che cercasse di farsi largo e che avrebbe potuto creare molti posti di lavoro in più rispetto ai 65 delle cave di San Carlo e Cave di Campiglia”.
La conclusione finale riunisce le due pubblicazioni, la nostra e quella campigliese, in una considerazione da “Maremma amara” con la prospettiva della creazione in Val di Cornia del polo estrattivo della Regione Toscana.
Stile Libero 10.11.2018