«Etruschi tra San Vincenzo e Campiglia»

«Etruschi tra San Vincenzo e Campiglia»

Sanvincenzino appassionato di storia trova resti di tombe e templi indicandoli come la prima Populonia
«…Fra il porto antico di Populonia, e la Torre San Vincenzo, tra quelle Selve, folti boschi, tre miglia dal mare discosto, vedesi un grande e lungo muro, che abbraccia molto paese, fabbricato di gran sassi lunghi…». Si tratta di un brano di un’opera di Leandro Alberti, risalente al 1553, dal titolo “Descrittione di tutta Italia et isole pertinenti”. Cosa c’è di particolare in questo brano? Che il 76enne sanvincenzino Giorgio Mosè Manetti, geometra di professione e “Indiana Jones” per passione della storia e dell’archeologia, non solo dice di aver scoperto tale muro, ma addirittura l’abitato dell’antica Populonia.

In circa trent’anni, Manetti ha raccolto decine di pagine di diario in cui descrive le sue scoperte corredate da centinaia di fotografie. Tant’è che, alla Torre di San Vincenzo, ha tenuto una conferenza affollatissima sulle “Origini etrusche di San Vincenzo”, in Vincenzo” ed parlato della sua teoria e delle sue scoperte.

La zona in cui, secondo Manetti, vivevano i cittadini dell’antica Pupluns (o Fufluns), è ubicata nel territorio comunale di San Vincenzo, esattamente tra Poggio Le Strette e Manienti, vicino al confine con Campiglia. Una teoria, questa, che dovrà poi essere confermata o smentita dalla comunità scientifica.

Senza dubbio, il racconto di Manetti è suggestivo; «La scoperta – dice – risale al 1983. Il muro che ho trovato, insieme a varie tombe, l’ho segnalato ad alcuni studiosi, ma non essendo io un archeologo, non sono stato sempre preso sul serio, salvo che in un paio di occasione, in cui l’interesse iniziale degli studiosi non ha avuto seguito. Ma in tale zona ho trovato le fondazioni di alcuni templi, esattamente tre celle di 4 metri per 4.

Io sono andato lì – prosegue – per trovare l’abitato di Populonia. Era una teoria che avevo maturato dopo essermi letto decine di testi di etruscologia, tra cui quelli di Minto, Pallottino, Falchi e molti altri, più vari testi di geografi antichi. Il muro che ho trovato dista dal mare circa tre chilometri e mezzo, più o meno ciò che dice Leandro Alberti nella sua opera.

La Populonia che conosciamo era la necropoli monumentale, il porto e il fulcro della vita commerciale, ma gli etruschi non avrebbero mai vissuto vicino al mare, perché sarebbe stato pericoloso per gli attacchi che vi potevano provenire. Gli etruschi non hanno mai costruito alcuna città così e Populonia sarebbe stata un unicum». Quale, secondo Manetti, la spiegazione? «Gli etruschi – sottolinea – hanno iniziato ad utilizzare il ferro dal IV secolo a.C., ma prima utilizzavano lo stagno, fonte di grande ricchezza: Romani e cartaginesi hanno fatto ben tre guerre per le miniere di stagno in Spagna. Qui, la presenza dello stagno rimase ignorata fino al 1875, quando ne provò l’esistenza il Blanchard. La vera ricchezza degli etruschi, dal IX secolo al IV secolo a.C., non era il ferro, ma lo stagno di Monte Valerio». Nella zona, molte delle pietre che avrebbero costituito il muro non ci sono più. «E non ci sono più fin dal Medioevo – dice Manetti – perché sono riuscito a provare che esse furono utilizzate per costruire la Rocca di San Silvestro e gli edifici circostanti. Si tratta di sassi lunghi circa 80 centimetri, che risalgono approssimativamente al secolo IX a.C., nel momento di passaggio fra la civiltà villanoviana e quella etrusca».

Quando gli domandiamo se sia sicuro di ciò che afferma, Manetti si fa serio: «Se non lo fossi – risponde – starei in silenzio. Aspetto da molto tempo un interessamento della comunità scientifica, e se fosse fatta una campagna di scavi sarebbe bellissimo. Si potrà mettere in dubbio la mia teoria, ma non che lì esistono evidenti tracce, documentate, della storia antica. Per la zona sarebbe un arricchimento storico notevole, mentre per San Vincenzo, oltre ad esso, potrebbe anche essere l’inizio di un futuro ed importante turismo culturale». Una bufala? Una teoria senza fondamento? Oppure la verità? Non lo sappiamo. Qualcuno, nella comunità scientifica, forse ce lo dirà.
Paolo Federighi – Il Tirreno 10.10.2012

Guarda il convegno di Giorgio Mosè Manetti su Youtube

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