“Cave di Campiglia” è interessata a entrare in Tap
Parla il presidente Lorenzo Banti: «Il progetto di Caramassi ci piace. Vedremo le carte, ma possiamo essere partner»
Il progetto di Valerio Caramassi per Asiu piace a Cave di Campiglia. La società che produce il calcare microcristallino è interessata, dopo aver verificato le carte e i flussi di materiali da trattare, a prendere una partecipazione in Tap, l’azienda partecipata da Asiu che il nuovo presidente vuole mettere al servizio del territorio, ribattezzandola “Rimateria”, nome affascinante e che traccia in modo inequivocabile il percorso da seguire per la gestione dei rifiuti industriali.
Lo dice con chiarezza Lorenzo Banti, presidente di Cave di Campiglia Spa: «Il progetto di Caramassi ci piace perché per la prima volta si affronta il problema dei rifiuti in modo non ideologico, ma considerandolo un’opportunità per creare valore e lavoro».
Cave di Campiglia pensa all’opportunità di diversificare la propria produzione, visto che l’attuale core business dell’azienda, è il calcare microcristallino, che è cosa ben diverso dal materiale di riempimento vergine in possibile concorrenza con i materiali riciclati di Rimateria. «Il 95% del nostro fatturato è legato al microcristallino – spiega ancora Banti -, il resto è residuale. Siamo l’unica cava in Toscana che ha questo materiale e fra i nostri clienti ci sono industrie di grande importanza locale e nazionale. Ma questo non toglie che stiamo pensando a una diversificazione e l’opportunità presentata da Asiu la riteniamo interessante. È chiaro che dovremo vedere le carte, verificare i flussi di materiali, ma ci piace che Tap sia destinata ad essere a servizio dell’industria locale. In questo nuovo quadro potremmo prendere una partecipazione».
Cave di Campiglia, a metà strada fra Campiglia e San Vincenzo, sono le uniche produttrici in Toscana di microcristallino (quello delle Apuane, invece, è macrocristallino), componente essenziale per svariati settori, dall’industria chimica a quella alimentare, dalla siderurgia alla farmaceutica, dall’agricoltura fino alla tutela ambientale. Tanto che la Provincia di Livorno nell’elaborazione del piano di settore, ritiene che il giacimento sia “fondamentale per aziende e comparti industriali che operano nel territorio toscano e che sono strategici per la difesa e la tenuta del sistema produttivo regionale”.
Fra i clienti di Cave di Campiglia, dei quali è fornitrice esclusiva, ci sono aziende come la Saint Gobain, la Tioxide, la Unicalce, c’era la ex Lucchini, c’è Enel che usa il microcristallino per abbattere i fumi delle centrali e c’è anche la Solvay. In questo importante contesto, però, Cave di Campiglia è adesso pronta a diversificare e fare investimenti importanti.
Oltre alle 800mila tonnellate all’anno di microcristallino che vengono prodotte, e che danno lavoro a una cinquantina di persone direttamente e altrettante indirettamente, si guarda adesso anche ad altri settori. Ecco che potrebbe diventare strategico l’ingresso in Tap-Rimateria.
«Ripeto – dice ancora Lorenzo Banti, presidente della società proprietaria di Cave dal 2004, quando fu rilevata dalla ex Lucchini – il giudizio sul progetto di Valerio Caramassi è positivo. Pensiamo di investire fino a dieci milioni di euro per crescere, migliorare sul piano ambientale e, non ultimo, assumere. Siamo in attesa della certificazione ambientale Emas. Dato che per i materiali riciclati non c’è contrapposizione, siamo pronti ad andare a vedere nei dettagli i numeri e i flussi di materia previsti per il trattamento in Tap, per essere loro partner».
Guido Fiorini – Il Tirreno 13.9.2015