Archeologia pubblica da Vignale a Sassari
Seminario di Zanini (Università di Siena) sull’esperienza di Riotorto e sul mosaico di Aiòn. La ricerca prosegue in biblioteca.
Uomini e cose a Vignale, dalla ricerca all’archeologia pubblica sbarca in Sardegna. Tutto grazie a un seminario per l’Uniss dipartimento di storia, scienze dell’uomo e della formazione a Sassari.
Enrico Zanini (Università di Siena) ha portato il progetto di ricerca a Vignale, da lui seguito sin dal 2003, passando dalla stazione di posta alla villa romana, dal mosaico di Aiòn, Signore del tempo e le terme. Mentre prosegue il lavoro di operartori e archeologi in biblioteca, in preparazione della prossima campagna di scavo 2017.
«Trasferta in Sardegna per la prima volta – spiega Elisabetta Giorgi (dipartimento di scienze storiche e dei beni culturali) da sempre impegnata qui con Zanini – che rende orgogliosi quanti si occupano delle ricerca di Vignale. Perché l’archeologia è anche quella degli undici mesi in cui non si sta al sole o alla pioggia del campo di Vignale».
Il momento della chiusura di una campagna di scavo, nel caso ogni anno in ottobre, non mette affatto la parola “fine” all’impegno. «Da assolvere tutti i doveri burocratici – ricorda Giorgi – sistemazione dei reperti, consegna della documentazione alla Soprintendenza, richiesta dei permessi… Poi, si può cominciare a lavorare sulle storie che ogni scavo racconta.
Durante la campagna 2016 – conferma – ci siamo resi conto che parte del sito era già stata scavata, perché alcune stanze della villa non mostravano alcun accumulo di stratificazione. Il grande mosaico di Aiòn, del resto, doveva ad un certo punto essere ben visibile se ci si costruì intorno il capannone agricolo che lo ha protetto fino ad oggi.
Avevamo notizia – aggiunge l’archeologa – dei lavori per la costruzione della via Regia Emilia che nel 1831 portarono alla scoperta delle terme poi perdute e ritrovate proprio nel corso dell’ultima campagna. Unica traccia di questi lavori – dice – una pianta custodita all’Archivio di Stato di Firenze in cui era rappresentato l’edificio termale: nessuna nota, nessuna descrizione, nessun cenno al mosaico policromo che difficilmente sarebbe passato sotto silenzio. Possibile che nel corso degli stessi lavori fosse stata poi scavata parte della villa e la stanza col grande mosaico? Possibile che non ce ne sia alcuna traccia scritta?
Abbiamo così deciso – spiega Elisabetta Giorgi – di studiare la storia del campo di Vignale: chi, come e quando trovò il grande mosaico? da quando in poi il campo si chiamò “campo del mosaico”? perché ad un certo punto le terme, il mosaico e parte della villa scomparvero dal paesaggio? quando venne costruito il capannone agricolo? Come fare per avere tutte queste risposte… Non c’era altra soluzione che un nuovo scavo, questa volta però tra le carte di archivi e biblioteche e, come sempre accade quando ci mettiamo a lavorare con determinazione e passione, i risultati non si sono fatti attendere.
Ancora presto per svelare le novità davvero interessanti che stanno emergendo – assicura – Ma possiamo anticipare chi sono i protagonisti delle nuove storie di Vignale: Leopoldo II Granduca di Toscana, il cavalier Lelio Franceschi proprietario di Vignale all’epoca in cui si svolsero i fatti e l’Ufficio per il Bonificamento della Maremma.
Le parole di queste storie per vicissitudini varie si trovano disperse tra gli Archivi di Stato di Firenze, Pisa, Grosseto, la Biblioteca Nazionale di Firenze e l’Archivio di Stato di Praga. Le stiamo ricucendo una ad una per ricomporre una storia che non smette di stupirci ogni volta che proviamo a conoscerla meglio.
Siamo convinti che il 2017 sarà un altro anno fantastico per Vignale, anche perché è cominciato con un lietissimo evento: i nostri colleghi Stefano Costa ed Elisa Triolo, due pezzi da novanta del progetto Uomini e Cose a Vignale che adesso lavorano per il Mibact, sono diventati genitori del piccolo Demetrio, a settembre – conclude sorridendo Giorgi – quando riaprirà lo scavo di Vignale, sarà un buon momento per il suo primo viaggio in Toscana».
Cecilia Cecchi – Il Tirreno 2.2.2017