Rimigliano o come scoraggiare i turisti…
… e dannegiare l’immagine di un territorio.
Due esempi tratti da Il Tirreno di oggi:
La multa e il mancato buonsenso (scrive un turista pratese)
Domenica 17 agosto io e la mia famiglia come nostro solito siamo andati a Rimigliano per la quotidiana balneazione. Era tardi, circa le 13,30. Era il nostro primo giorno di vacanza e ce la siamo presa comoda. Cielo sereno, temperatura gradevole. I parcheggi, sia quelli liberi che a pagamento, erano stracolmi. Dopo diversi vani tentativi di posteggiare l’auto, abbiamo imboccato la strada laterale, in direzione Campiglia, dal viale della Principessa, all’altezza dell’ingresso dell’area 4.
Percorsi duecento, trecento metri, notando una decina di auto parcheggiate sul bordo destro della strada, senza che arrecassero pregiudizio al regolare flusso del traffico, data l’ampiezza della carreggiata, abbiamo scelto di lasciare l’auto in quell’unico spazio libero, dirigendoci a piedi verso la non vicina spiaggia. Avevamo notato il cartello di divieto di sosta posto nel punto a partire dal quale la strada si restringe leggermente, ma abbiamo deciso di rischiare, confidando che l’eccezionale afflusso turistico domenicale facesse propendere le locali autorità verso la tollerenza e il buon senso.
Al nostro ritorno dalla spiaggia (intorno alle 18,30), la nostra auto era sparita, assieme ad un’altra decina di autovetture. Due carroattrezzi stavano caricando gli ultimi autoveicoli. Un ragazzo giovane, con moglie incinta, è riuscito a farsi scaricare la vecchia Panda, pagando in contanti i 218 euro all’addetto alla rimozione. Tre inflessibili “vigilesse” sovrintendevano alla conclusione dell’operazione che da oltre quattro ore stava rallentando il flusso del traffico: i due carroattrezzi avevano causato sicuramente un ingorgo maggiore di quello provocato dalle auto rimosse in divieto di sosta.
Sono stato accompagnato al deposito dove, pagando i 218 euro, ho potuto ritirare il mio veicolo. Al prezzo della rimozione forzata si aggiungerà quello della multa per divieto di sosta, comminata dalla polizia municipale di San Vincenzo. Alcuni turisti hanno dovuto sorbirsi a piedi vari chilometri di Aurelia per raggiungere il deposito. Due anziani coniugi, sprovvisti di sufficienti contanti e di bancomat, hanno dovuto chiedere aiuto al figlio, obbligato a venire direttamente da Certaldo alle 20 per pagare l’esorbitante somma e “liberare” l’auto rimossa, di fatto sotto sequestro.
Da notare che la zona “incriminata” è segnalata da cartelli di divieto di sosta in entrambe le direzioni, ma non vi è alcuna segnalazione relativa alla rimozione forzata. È giusto sanzionare chi contravviene a un divieto, ma addirittura imporre la rimozione dei veicoli con l’utilizzo di ben due carroattrezzi che, sottratti al loro compito di prestare soccorso stradale, per tutto il pomeriggio hanno intralciato il regolare flusso del traffico, questo pare veramente esagerato e abnorme, specie in una giornata di eccezionale presenza turistica come quella di domenica.
Il comando di polizia municipale, assieme al Comune di San Vincenzo, dovrebbero riflettere se questo non significhi piuttosto scoraggiare la presenza turistica, e se l’inflessibile esosità mostrata non danneggi in realtà l’immagine di un territorio per il quale il turismo è primaria fonte di reddito. Far cassa per qualche centinaio di euro, spendendone forse di più per dispiegare contemporaneamente tre agenti di polizia municipale e relativi veicoli in dotazione, più due mezzi pesanti incaricati della rimozione, per colpire pesantemente le tasche, l’umore e la condizione di alcuni turisti domenicali, pare francamente poco intelligente, se non insensato.Un semplice foglio posto sotto il cartello di divieto di sosta, a minacciare la rimozione forzata, anche in una giornata festiva eccezionale, sarebbe stato più che sufficiente a scongiurare qualsiasi problema.
È triste constatare come le istituzioni che dovrebbero garantire un servizio ai cittadini, e da questi pagato con pesanti tasse, lungi dall’applicare un minimo di buonsenso e tenere un’atteggiamento di disponibilità “educativa” nei confronti del pubblico, siano ormai divenuti autorità distanti e nemiche, esose e vessatorie, incapaci di instaurare un minimo dialogo con coloro che della loro attività dovrebbero essere in realtà i beneficiari.
Leonello Rabatti (Prato)
Cade nella ciclabile sulla Principessae fa causa al Comune
Un trauma cranico con escoriazioni, ferite e traumi in tutto il corpo, liquido nei polmoni, nel fegato e nella pancia. Tutto per una caduta in bicicletta su una vera e propria buca situata, quasi come una trappola, sulla ciclopista all’altezza dell’ingresso numero 7 del parco costiero di Rimigliano, in via della Principessa. È quanto accaduto alla nota danzatrice e coreografa Giorgia Macchi nei giorni scorsi.
Macchi, che ha perso subito conoscenza, è stata soccorsa dalla Croce rossa e trasferita subito all’ospedale di Livorno, dove è stata tenuta per sei giorni sotto osservazione, vomitando quotidianamente per le forti vertigini (che perdurano). Forte trauma cranico, dicevamo, e vari punti di sutura in testa, con dolori così grandi in tutto il corpo da essere stata costretta per giorni alla morfina, con danni al timpano dell’orecchio sinistro che al momento ne limitano fortemente l’udito. La prognosi è di 30 giorni, ma Giorgia Macchi ha rischiato conseguenze ben più gravi, anche secondo i medici che l’hanno vista per primi. La vicenda non si è tramutata in tragedia, ma i danni per la famosa danzatrice sono notevoli. Giorgia Macchi e il marito Carlo sono in procinto di denunciare il Comune di San Vincenzo.
Una buca, dicevamo, in piena pista ciclabile, tanto grande da coprirne circa l’80% della larghezza. Abbiamo sentito gli uffici comunali, e in particolar modo Angiolo Ciani, che sostituiva il responsabile dell’ufficio tecnico Paolo Cosimi, in ferie. «C’è stato un saggio, più o meno in quel punto, da parte di Telecom per la fibra ottica – dice Ciani –. È Telecom stessa ad avere il compito di ripristinare lo stato dei luoghi dopo l’intervento. Le buche vengono sempre ricoperte, ma a volte con terra che cede. Su questi interventi, non abbiamo niente a che vedere. Abbiamo ricevuto una segnalazione qualche giorno fa, prima di Ferragosto, della presenza di tale buca».
Macchi, ancora malmessa nella sua casa di San Vincenzo, non si dà pace per l’incidente subìto: «Come è possibile che si ambisca a essere un grande paese turistico con una ciclopista che già di per sé è pericolosa, e che può diventare fatale con buche di questa grandezza? Vi assicuro che nessuno si aspetterebbe mai, su una ciclabile, una buca del genere».
Paolo Federighi