Cave, il rebus degli oneri di estrazione

Cave, il rebus degli oneri di estrazione

Se non si aumentano gli oneri di estrazione delle cave di Campiglia, tra i più bassi d’Italia, sarà difficile che possa mai decollare il piano per il riuso dei prodotti trattati da Tap. Questo il giudizio della lista «Comune dei Cittadini» dopo l’audizione del presidente di Asiu Valerio Caramassi in consiglio comunale. La convocazione di Caramassi, ricorda la lista civica «era incentrata a conoscere la reale situazione debitoria della società e quale saranno le soluzioni che la nuova gestione del neo presidente Caramassi ha intenzione di promuovere riguardo a numerosi punti, tra i quali: il passaggio a Sei Toscana, le bonifiche delle aree ex Lucchini, cosa fare della società Tap, dell’impianto Cdr, della discarica di Ischia di Crociano ormai esaurita e come ripianare i debiti di Asiu».

«Questa azienda – prosegue l’opposizione – ritenuta modello dai nostri sindaci, ha accumulato oltre 20 milioni di debiti.  Una cifra enorme, maturata nel silenzio colpevole di chi avrebbe dovuto capire in tempo ed evitare un simile disastro, per primi proprio i sindaci.  Le cause risiedono in investimenti per impianti che non hanno mai funzionato (impianto Cdr per i rifiuti urbani e impianto Tap per le scorie industriali siderurgiche) e nella mancata costruzione di una nuova discarica per i rifiuti urbani. Il sindaco di Campiglia ha detto che il debito di Asiu è il frutto di politiche innovative.  È vero l’opposto. Il disastro è frutto di scelte irresponsabili e incapacità di sindaci e amministratori nominati all’Asiu».

Il nuovo presidente di Asiu sembra ignorare la gravità della crisi finanziaria, non dedica molta attenzione ai rifiuti urbani e punta tutto sul rilancio di Tap partendo da due assunti basilari: primo ridurre il consumo degli inerti di cava e coinvolgere le imprese estrattive  nella gestione dell’impianto Tap. Secondo, vanno rimossi e trattati i rifiuti industriali sepolti nelle arre industriali siderurgiche. Ci sarebbe – conclude – pertanto un primario interesse di Aferpi a far funzionare l’impianto Tap. Diciamo subito che i due propositi sono condivisibili, ma solo se chi li sostiene compie, subito, atti coerenti con questi assunti e precisamente: rivedere il piano delle attività estrattive approvato dalla Provincia nel 2014; modificare le soluzioni tecniche per le bonifiche delle aree».

La Nazione 28.8.2015

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